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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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LA CARTA DELLE AUTONOMIE

di Gian Carlo Sacchi

 

Per far decollare il federalismo fiscale occorre, com’è noto, riorganizzare le competenze, a livello legislativo, tra stato e regioni, e amministrativo tra le autonomie locali.

Il quadro complessivo si muove a fatica, in quanto ogni soggetto ha preparato una sua proposta, ma non si trovano a livello politico i tavoli per la necessaria concertazione.

Un passo concreto è stato compiuto da maggioranza e opposizione nel tentativo di razionalizzare e semplificare l’ordinamento, nonché offrire una prospettiva di governo degli enti locali.

Il Consiglio dei Ministri ha recentemente varato in prima lettura un provvedimento che promana dalla stessa ispirazione della legge delega sulla predetta materia, mentre al Senato è stata depositata un’iniziativa legislativa del Partito Democratico (prima firmataria Mariangela Bastico) che recupera l’elaborazione del centro – sinistra, fin dai tempi del primo governo Prodi e del ministero Bassanini.

E’ interessante notare come entrambi gli schieramenti condividano il superamento dello storico dualismo tra strutture ministeriali e autonomie territoriali, eliminando sovrapposizione di ruoli e di attività e valorizzando la Conferenza Stato-Regioni.

Le funzioni, dice il PD, devono essere svolte ad un unico livello dedicato: il Comune per quanto riguarda quello di prossimità e la Provincia di area vasta, nel rispetto del principio di integrazione e di leale collaborazione tra i diversi soggetti di governo locale. Si tratta quindi di sopprimere tutte le strutture amministrative esistenti in altri ambiti istituzionali.

Ai Comuni, per il Governo, sono attribuite le materie di edilizia scolastica, l’organizzazione e la gestione dei servizi, compresi gli asili nido, fino all’istruzione secondari di primo grado, mentre alle Province tutto quanto detto prima riferito alle scuole superiori, con l’aggiunta delle funzioni di programmazione territoriale.

Le funzioni fondamentali, di cui parla l’art. 117 del nuovo testo costituzionale, sono disciplinate dalla legge statale o regionale, in caso del così detto “federalismo avanzato”, che comunque deve avere l’appoggio dello Stato.

Le Regioni, ribadisce il PD, si devo spogliare delle funzioni amministrative dirette, spesso svolte attraverso agenzie o enti settoriali che devono essere soppressi, per acquisire pienamente il ruolo che la Costituzione affida loro, di legislazione, programmazione strategica dello sviluppo e di riferimento per il sistema delle autonomie territoriali.

I Comuni possono erogare servizi ai cittadini secondo criteri di prossimità, anche di altre regioni; il governo deve prevedere una disciplina dei settori relativi all’organizzazione degli EELL, nonché individuare principi fondamentali nella materie di competenza concorrente che interessano le funzioni, l’organizzazione ed i servizi dei predetti enti.

Sono le Regioni, fa eco l’esecutivo, con proprie leggi ed in accordo con le autonomie territoriali che allocano le funzioni amministrative e le relative risorse in modo organico a Comuni, Province e Città metropolitane, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze, così dicasi per le funzioni trasferite dallo Stato. Tali leggi disciplineranno inoltre le forme e modalità di associazionismo comunale e provinciale.

Su tale base il Governo emana la “carta delle autonomie locali”, nonché la revisione degli ambienti territoriali delle province e degli uffici decentrati dello stato.

Il PD vuole favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.

A livello nazionale occorre garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi autonomi, con l’impiego di metodologie, conclude il disegno governativo, dirette a misurare la soddisfazione degli utenti interni ed esterni all’ente.

Come si può constatare le posizioni sono molto vicine e sembrano richiamarsi nell’iter dei diversi provvedimenti legislativi, manca solo il dato politico, attualmente in stallo, dell’intesa tra stato e regioni. E’ riconosciuto da entrambe le parti che a livello nazionale si debba svolgere una funzione primaria nella definizione della missione strategica del sistema, ma sempre di più la dimensione comunitaria in cui i soggetti economici e le organizzazioni sociali si identificano è oggi regionale e locale. E’ il territorio il luogo in cui si sviluppano e si intrecciano reti materiali e immateriali che innervano i sistemi regionali e metropolitani. Allo stesso tempo è un livello ormai ultranazionale che garantisce a questi sistemi la reciproca comunicazione e connettività.

La carta delle autonomie  è però stata anticipata dalla legge sul federalismo fiscale (n. 42/09), che in sede di approvazione ha visto l’astensione del PD. In essa vengono riproposte le funzioni dei comuni e delle province, che questa volta sono considerate ai fini del riparto dei fondi, anche perequativi, in base al “fabbisogno standard” o alla “capacità fiscale”. L’emanazione dei decreti applicativi deve definire le “modalità per cui le spese sono determinate, nel rispetto dei costi standard associati ai livelli essenziali delle prestazioni, fissati dalla legge statale in piena collaborazione con le regioni e gli enti locali, da erogare in condizioni di efficacia e di appropriatezza su tutto il territorio nazionale”.

Attraverso l’autonomia tributaria si vogliono premiare comportamenti virtuosi nella gestione finanziaria, nonché prevedere meccanismi sanzionatori per gli enti che non rispettano gli equilibri economici o che non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni, fino ad arrivare, in caso di gravi mancanze, al potere sostitutivo dello Stato.

Le Regioni dal canto loro formulano una proposta di accordo, richiamandosi ad una forte interazione tra tutti i soggetti implicati nell’attuazione del titolo quinto della Costituzione ed in un’effettiva governance territoriale. Esse fanno riferimento innanzitutto all’autonomia delle istituzioni scolastiche, nel rispetto della quale devono agire le altre istituzioni, locali e non. Tale autonomia va sostenuta affinché raggiunga al sua massima espansione e deve costituire sul territorio il fondamento di reti formative sempre più vicine alla realtà locale e mirante all’efficienza del sistema educativo.

Delle scuole autonome va garantita la rappresentanza e la costituzione di organismi di partecipazione, interni ed esterni.

Per poter ottenere che lo stato trasferisca le funzioni e le risorse è necessario che le Regioni individuino con legge (e qui si chiude il cerchio con i provvedimenti prima indicati) modalità e strutture idonee ad esercitare le predette funzioni, mentre rimane ancora aperta la questione del sistema di istruzione e formazione professionale di esclusiva competenza regionale.

Mediante una tale legislazione si può pensare ad un decentramento nella gestione del personale (sentenza della Corte Costituzionale n. 13/04), nell’ambito delle dotazioni complessivamente assegnate dallo stato e per una più agevole ed efficace distribuzione sul territorio, in piena collaborazione con gli EELL e le istituzioni scolastiche.

Un’altra sentenza della suprema Corte (n. 200/09) precisa meglio che le norme generali, di competenza statale, sono riferite alla definizione della struttura portante del sistema nazionale, mentre i principi fondamentali operano da raccordo e vengono mediati dalla suddetta legislazione regionale.

Un esempio concreto, anche se ancora mancante della cornice complessiva, che si è cercato qui di delineare, è il regolamento ministeriale per la definizione della “rete scolastica” (DPR n. 81/09). Si parla di intesa in sede di “Conferenza Unificata” che arriva anche alla determinazione ed alla distribuzione delle dotazioni organiche, al fine di “realizzare una piena coerenza tra le previsioni programmatiche del piano regionale di localizzazione delle istituzioni scolastiche e dell’offerta formativa (si potrebbero intendere altre modalità, anche non formali ed informali, di erogazione del servizio) e l’attribuzione delle risorse.

L’assegnazione di queste ultime è effettuata con riguardo alle specifiche esigenze ed alle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché alle possibilità di impiego flessibile delle stesse, in coerenza con quanto previsto dal DPR n. 275/99.

La presente disposizione…resta efficace fino all’adozione da parte della regione interessata delle norme legislative necessarie ai sensi dell’art 117 della Costituzione, nonché di un apparato istituzionale idoneo allo svolgimento della funzione assegnata.”

E’ iniziato davvero il disgelo ? Speriamo si possa confidare in atti rapidi e definitivi.


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