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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Dell’uguaglianza, della differenza, della personalizzazione

1.           Chiave di lettura – Leggiamo con attenzione! Non trascurare le virgolette e i caporali! Le sottolineature e i grassetti sono miei!

L’articolo 3 della Costituzione repubblicana così recita testualmente:

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

«E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

1.1         Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia leggiamo:

“La Scuola dell’Infanzia… contribuisce alla realizzazione del principio dell’uguaglianza delle opportunità e alla rimozione degli «ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3 della Costituzione)”.

1.2         Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola primaria leggiamo:

La Scuola Primaria “assicura obbligatoriamente a tutti i fanciulli le condizioni culturali, relazionali, didattiche e organizzative idonee a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che, limitando di fatto la libertà e la giustizia dei cittadini, «impediscono il pieno sviluppo della persona umana» indipendentemente dal sesso , dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali (articolo 3 della Costituzione)”.

1.3         Nelle indicazioni Nazionali per la Scuola Secondaria di primo grado leggiamo:

La Scuola Secondaria di 1° grado… mira a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che, limitando di fatto la libertà, «impediscono il pieno sviluppo della persona umana» indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche e dalle condizioni personali e sociali (articolo 3 della Costituzione)”.

 

2.           Si osserverà che:

sub 1.1)             l’estensore ha riprodotto fedelmente il comma 2 dell’art. 1 Cos. nelle Indicazioni relative alla Scuola dell’Infanzia;

sub 1.2)             nelle Indicazioni relative alla Scuola Primaria, l’estensore, ricorrendo a opportuni tagli al comma 2, ha cassato il termine uguaglianza e lo ha sostituito con giustizia;

sub 1.3)             nelle Indicazioni relative alla Scuola secondaria di 1° grado, l’estensore, ricorrendo ad altri tagli, ha cassato il termine uguaglianza e non ha introdotto il termine giustizia.

 

3.           Perché queste diverse citazioni? Il principio dell’uguaglianza è sancito dalla Costituzione in quanto in essa si vuole affermare – il Costituente scrive nell’immediato dopoguerra dopo il lungo periodo nazifascista in cui i diritti fondamentali della persona erano stati cancellati e conculcati – che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge per quanto concerne i loro inalienabili diritti. Sotto questo profilo, uguaglianza non significa che tutti siamo eguali, non significa che non vi siano differenze, anzi significa, appunto, che sono proprio le differenze a chiamare in causa – è non è un bisticcio verbale – il principio dell’uguaglianza!

Ed allora, se l’istruzione rientra nei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (Cos. art. 117, c. 2, m),” che senso ha richiamare l’articolo 3 operando quei tagli che sembrano quanto mai inopportuni?

 

4.           A meno che… e qui avanzo dei dubbi!

L’articolo Cos. 118 afferma che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (i corsivi sono miei).

E si tratta di principi costituzionali assolutamente nuovi! Si prende atto e si afferma che, se si vuole garantire che tutti possano godere degli stessi diritti, occorre operare le opportune differenziazioni. E ciò è conforme con l’evoluzione che si è avuta dalla Legge 241/90 in poi, grazie alla quale ciò che conta per un amministratore non è solo l’adempimento delle norme ma anche e soprattutto la customer satisfaction, o meglio la soddisfazione delle aspettative e dei diritti del cittadino! E si rendeva necessario introdurre nel settore pubblico quei criteri di efficienza, efficacia, produttività, economicità, ecc. che caratterizzano da sempre il settore privato!

Tutti ricordiamo la svolta che si ebbe con l’adozione della Carta dei servizi scolastici (la legislazione del ’95, che introduceva anche nella scuola le innovazioni indotte dalla Legge 241/90 e dal D.lgs. 29/93)! Nacquero, tra l’altro, il Progetto di istituto e il Contratto formativo. Ed in questo si leggeva che “l’allievo deve conoscere gli obiettivi educativi e didattici del suo curricolo, il percorso per raggiungerli, le fasi del suo curricolo”. E quanti fiumi di inchiostro… e di corsi di formazione, per tradurre in corrette azioni formative quel possessivo “suo”!

 

5.           Ed il principio della soddisfazione delle legittime attese del cittadino studente dagli anni Novanta ad oggi è andato avanti. Per questa ragione, con le innovazioni in atto, si è abbandonato il concetto dei Programmi di studio ministeriali e si è adottato quello delle Indicazioni di piani di studio personalizzati. Il cambio di rotta è importante ed è condivisibile! In linea di massima si può affermare che un programma è rigido e che, invece, una indicazione è flessibile! Un programma difficilmente può rispondere ai bisogni e alle attese di una persona, cosa che invece può consentire una indicazione di lavoro!

E ciò ha comportato anche il passaggio dal concetto della individualizzazione dell’insegnamento a quello della personalizzazione. Nel primo caso l’insegnante adegua i contenuti del suo insegnamento agli obiettivi assegnati allo studente; nel secondo l’insegnante adegua obiettivi e contenuti alla persona. Com’è noto – stando alle bozze delle Indicazioni nazionali, che per altro riprendono e sviluppano quanto affermato nell’articolo 8 del DPR 275/99 – spetta al MIUR indicare gli obiettivi generali e gli obiettivi specifici di apprendimento, descritti come conoscenze e abilità disciplinari; e spetta alla singola scuola aiutare lo studente a trasformarle in competenze personali. Così è scritto in tutte le Indicazioni attualmente pubblicate.

Ne consegue che i bisogni formativi della persona/studente assumono un particolare rilievo a fronte delle attività di insegnamento. E ciò indubbiamente è in linea con lo sviluppo di un qualunque processo di istruzione di un Paese ad alto sviluppo che voglia – e debba – rispondere sia alle esigenze della persona che all’evoluzione dei saperi e dei profili professionali.

 

6.           Torniamo alle citazioni della Costituzione nelle tre Indicazioni precedentemente citate ed agli emendamenti apportati. Forse l’estensore ha avvertito che il concetto costituzionale di uguaglianza confliggesse con il concetto altrettanto costituzionale di differenziazione? Indubbiamente, in senso assoluto, si tratta di due termini/concetti di significato opposto. Ma, nel contesto costituzionale il loro significato è diverso: si afferma che è opportuno operare anche per vie differenti (istituzioni coinvolte, risorse, misure amministrative, metodi, mezzi, ecc.) se si vuole garantire che l’amministrazione pubblica e i servizi erogati realizzino risultati unitari ed eguali.

Forse una lettura disattenta ha portato l’estensore a credere che la citazione dell’uguaglianza (Costituzione del ’47) ponesse in ombra la necessità della differenziazione (Costituzione del 2001)? O forse l’estensore ha creduto che fosse necessario porre l’accento sulla necessità di attivare differenti percorsi formativi? E che si dovesse trovare una giustificazione costituzionale ad un percorso liceale, finalizzato alla prosecuzione degli studi, e ad uno di istruzione e formazione professionale finalizzato all’accesso al mondo del lavoro?

 

7.           Ho detto e scritto più volte che non mi spaventano due, tre, mille percorsi formativi (la metafora del millepiedi), purché ciascuno di essi sia in grado di garantire a tutti una preparazione iniziale di base essenziale, aperta, polivalente, flessibile: la si chiami come si vuole! Che sia in grado almeno di consentire a tutti quelle competenze di literacy delle quali oltre la metà della nostra popolazione è carente! E’ su questa preparazione che si innesta – ulteriormente o in parallelo – l’avvio a quelle competenze professionali la cui durata – com’è noto – sarà necessariamente breve, in quanto dovranno essere costantemente rinnovate, se non sostituite con altre. Ma ciò potrà verificarsi solo se la preparazione iniziale del soggetto ha avuto un reale fondamento pluridisciplinare, trasversale.

Se queste considerazioni hanno un minimo di attendibilità, ne consegue che questo discorso sulla uguaglianza e sulla differenza, o meglio sul nesso dialettico che corre tra i due concetti, e sulla personalizzazione degli insegnamenti/apprendimenti deve essere affrontato con le opportune… differenziazioni (sic!).

Si dovrebbe evitare che un eccesso di differenziazione tra eguaglianza e differenza portasse a conseguenze di questo tipo, certamente inaccettabili:

a)           percorsi formativi differenti perché rivolti a soggetti considerati in assoluto differenti, per nascita, per carattere, per temperamento, per progetti di vita (in genere si dice così!): c’è il soggetto contemplativo, c’è il soggetto attivo; c’e chi ama lo studio, c’è chi ama il lavoro; c’è chi è portato per un qualcosa e chi per qualcos’altro! E’ la teoria delle attitudini;

b)          percorsi formativi estremamente differenziati, che darebbero vita ad una sorta di insegnamenti su misura! Dare a ciascuno ciò che desidera; la scuola come un supermercato dove ciascuno acquista quello che vuole e… quello che può, in ragione degli euro di cui dispone.

Quali conseguenze avremmo?

Sub a)               Avremmo la legittimazione del personalismo più becero, giustificato per giunta dalla “libera” scelta delle famiglie. Com’è noto, tutte le ore aggiuntive (stando al primo decreto legislativo, per ogni anno scolastico, 825 nella scuola dell’infanzia, 99 nella primaria, 198 nella secondaria di 1° grado) sono condizionate dalla opzione delle famiglie. In effetti si avvierebbe una legittimazione irreversibile di una scuola a differenti velocità: sarebbero penalizzati gli studenti “peggiori”, che transiterebbero “per legge” al sistema dell’istruzione e formazione professionale, ed incentivati gli “eccellenti”. Ed avremmo così una scuola veramente “giusta”, “misurata sulla persona”, per quello che essa è ed esprime, e che risponde alle esigenze di chiunque! E – continuando con l’ironia – anche a quelle della società, che, se ha bisogno di cervelli, avrà pur sempre bisogno di braccia! Altrimenti – quante volte lo si sente dire – chi attenderà ai lavori cosiddetti “umili”?

Sub b)               Avremmo un abbassamento totale della qualità del prodotto dell’istruzione. Con il sistema della personalizzazione degli insegnamenti – almeno come ci viene descritto dalle Indicazioni – gli obiettivi specifici di apprendimento costituiscono solo un’offerta in base alla quale la scuola ha lo scopo di aiutare lo studente a trasformare conoscenze e abilità disciplinari da essa proposte in sue personali competenze. E allora mi domando: e se la scuola fallisce in questo aiuto? Dovrebbe allora limitarsi a certificare le competenze verificate e accertate anche se estremamente lontane dagli obiettivi specifici offerti e proposti?

 

8.           Le due eventualità non solo allora ambedue da scongiurare?

In ordine alla prima, ho già espresso il mio pensiero: le due aree della gestione statale dei licei e della gestione regionale della istruzione e formazione professionale, pur distinte sotto il profilo amministrativo (è norma costituzionale), debbono essere fortemente integrate sotto il profilo degli obiettivi, dei contenuti, della didattica, della dignità dei percorsi! Quindi, tutto il sistema formativo regionale deve essere rafforzato, ovviamente da chi ne ha la competenza!

In ordine alla seconda, occorrerà adoperarsi come già si sta operando nella scuola di base ormai da tempi lontani, contrassegnati da una serie di riforme che, pur se varate da maggioranze diverse (o differenti?), muovevano verso finalità condivise. Alludo alla Legge 517/77, agli Orientamenti del ’91, ai Programmi del ’79, ai Programmi dell’85, alla Legge 148/90, alla realizzazione degli Istituti Comprensivi: sono tutti atti e fatti che hanno avviato un rinnovamento profondo nella nostra scuola, che la normativa sull’autonomia può e deve portare a compimento! Ci si è sempre adoperati, e ci si sta ancora adoperando – e con grande fatica e non sempre con successo – perché quelli che possiamo anche chiamare obiettivi specifici di apprendimento siano raggiunti da tutti!

Le differenze individuali contano e pesano in un processo di apprendimento. Ma, nella misura in cui vengono considerate ed affrontate in termini formativi, non possono non cedere il posto a quelle conoscenze e competenze che sono essenziali per chiunque debba entrare con sufficiente padronanza nella complessità di una società ad alto sviluppo!

Chiunque si occupi di formazione sa benissimo che la tolleranza e la pazienza che sono necessarie al docente quando ha a che fare con soggetti in età evolutiva cedono man mano ma inesorabilmente il posto alla severità e al rigore nella misura in cui il soggetto si avvicina a conseguire un titolo che lo qualifica in una competenza professionale, qualunque essa sia. Trovare la giusta misura tra i due estremi è una delle funzioni fondamentali della professionalità docente.

Ma lo schematismo delle indicazioni (lo schematismo concettuale, non quello verbale… ahimè, quante pagine!!!) non dà indicazioni in merito, quando pedissequamente viene reiterata la solita epigrafe: “Al termine del…(è indicato un determinato percorso), la scuola ha organizzato per lo studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari”.

Insomma, la scuola è una istituzione autonoma che deve offrire a tutti un servizio di prim’ordine! Non è Trenitalia che offre ai suoi clienti treni eurostar, intercity e diretti, di prima e seconda classe per la stessa tratta e a prezzi differenziati! L’educazione e la salute sono diritti inalienabili, prima di essere servizi, e come tali devono essere tutti di prima classe! Una politica scolastica non può disattendere questo principio irrinunciabile!

 

9.           Ultima questione: la necessità che il Paese ha di conoscere la qualità del nostro sistema formativo, in ordine al funzionamento e ai risultati degli apprendimenti! Non possiamo più consentire che siano solo le ricerche internazionali (sempre ben venute, comunque, a colmare le nostre carenze!) a dirci quello che sanno e sanno fare i nostri giovani, usciti dai diversi gradi ed ordini (una volta si diceva così) del nostro sistema di istruzione.

E’ necessario che il Sistema di valutazione nazionale si attivi e presto. “L’INValSI – dice la Legge 53/03 all’articolo3 – effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative”. Ma – ed è questa una delle domande che più spesso mi vengono rivolte – gli oggetti della verifica saranno:

a)           gli obiettivi specifici di apprendimento, cioè quell’insieme di oggetti che nelle Indicazioni è costituito dalle conoscenze e dalle abilità disciplinari organizzate per lo studente allo scopo di aiutarlo (così leggiamo nelle epigrafi ai singoli percorsi di studio),

b)          oppure gli obiettivi formativi dichiarati dalle singole scuole in quanto competenze personali che ciascun alunno ha raggiunto?

Non mi si accusi di essere fumoso! La fumosità è nei testi normativi!

Nel primo caso, la verifica sarebbe assolutamente inaffidabile e inattendibile, nel secondo caso assolutamente impossibile. E allora?

 

Roma 12 maggio 2003

 Maurizio Tiriticco


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